Google condannata nuovamente per monopolio nella pubblicità online

Google condannata per abuso di posizione dominante nella pubblicità digitale

Una nuova pesante sconfitta legale per Google, accusata di aver consolidato il proprio monopolio nella pubblicità online, ostacolando la concorrenza e danneggiando il mercato.

Un giudice federale accusa Google di monopolio

Un giudice federale statunitense ha riconosciuto Google colpevole di abuso di posizione dominante nel settore della pubblicità digitale. Secondo la sentenza, l’azienda di Mountain View avrebbe esercitato un controllo eccessivo sul mercato, imponendo condizioni che hanno limitato l’accesso ai concorrenti e provocato gravi danni economici agli inserzionisti e ai proprietari di siti web.

La magistrata Leonie Brinkema, 80 anni, ha decretato che la società guidata da Alphabet ha consolidato un doppio monopolio che limita la concorrenza e danneggia altri attori dell’ecosistema tecnologico.

L’accusa si concentra su pratiche che avrebbero consentito a Google di imporre prezzi artificialmente elevati, ostacolando la concorrenza e riducendo in modo significativo la condivisione equa dei ricavi con gli editori online. La società avrebbe dunque manipolato il sistema in proprio favore, rafforzando il proprio predominio nel settore dell’advertising digitale.

Una seconda condanna per pratiche anticoncorrenziali

Questa decisione rappresenta la seconda importante condanna per pratiche anticoncorrenziali subita da Google negli Stati Uniti. La precedente riguardava la gestione delle ricerche online, anch’essa ritenuta orientata a escludere i concorrenti e a consolidare il controllo dell’ecosistema digitale da parte del colosso tech.

Il caso attuale, con azioni legali, iniziate formalmente nell’ottobre del 2020, punta i riflettori sul funzionamento del sistema pubblicitario controllato da Google, che integra piattaforme per inserzionisti, editori e aste pubblicitarie in un unico modello, ritenuto dal tribunale troppo centralizzato e penalizzante per il mercato.

La sentenza potrebbe avere ripercussioni significative per il futuro del settore pubblicitario online, sollevando interrogativi sulle modalità di regolamentazione delle grandi piattaforme tecnologiche e sull’equità della concorrenza digitale.