Lavoro e nuove tecnologie: è allarme per la mancanza di dirigenti qualificati per l’IA

Il mondo dell’economia e dell’imprenditoria è in piena trasformazione grazie all’adozione dell’intelligenza artificiale (AI) all’interno delle aziende, ma la carenza di competenze manageriali adeguate per guidare questa rivoluzione tecnologica è diventata un ostacolo sempre più evidente. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager, la domanda di competenze legate all’AI è infatti cresciuta del 157% negli ultimi cinque anni, ma nonostante ciò il gap di competenze digitali e strategiche si sta ampliando, mettendo a rischio il potenziale dell’innovazione. In altre parole, lo sviluppo delle competenze professionali in materia prosegue molto più lentamente rispetto a quello delle tecnologie stesse: come affrontare dunque il problema?

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La crescita dell’intelligenza artificiale nelle imprese italiane

Nel 2024, quasi 10.000 imprese italiane hanno già integrato l’AI nei loro processi, registrando una crescita del 30% rispetto all’anno precedente. Questo aumento dimostra un’elevata domanda di figure specializzate in AI, ma parallelamente evidenzia le difficoltà nel reperire dirigenti qualificati capaci di guidare tali processi innovativi. L’introduzione di tecnologie basate sull’AI richiede infatti competenze avanzate non solo a livello tecnico, ma soprattutto manageriale, per interpretare i cambiamenti organizzativi e culturali che l’AI porta con sé.

L’intelligenza artificiale può migliorare notevolmente i processi aziendali, ma deve essere sempre guidata dall’intelligenza umana. Questo, però, richiede un investimento significativo nella formazione dei dirigenti, che ad oggi rimane ancora insufficiente rispetto alle necessità imposte dalla trasformazione digitale.

Una trasformazione disomogenea tra grandi aziende e PMI

Uno degli aspetti più problematici della diffusione dell’AI nelle imprese italiane riguarda la disparità tra grandi aziende e piccole e medie imprese (PMI). Le grandi aziende hanno infatti già implementato l’intelligenza artificiale nel 24% dei casi, mentre solo il 5% delle PMI ha adottato le stesse tecnologie, una differenza legata ovviamente anche alla capacità di investimento: se le grandi imprese possono allocare maggiori risorse per la formazione e l’acquisizione di competenze, le PMI affrontano invece ostacoli legati a costi elevati e mancanza di accesso a risorse adeguate.

A livello territoriale, città come Milano, Torino e Bologna guidano la corsa all’adozione dell’AI, in particolare nei settori ad alta tecnologia, nello sviluppo di software e nei servizi di ricerca, mentre il processo si rivela molto più lento nelle regioni meno sviluppate, dove i costi e la mancanza di competenze digitali frenano il progresso tecnologico.

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Le competenze manageriali: un elemento cruciale

Il rapporto di 4.Manager sottolinea insomma che, oltre alla mole di investimenti non da tutte le organizzazioni sostenibile allo stesso modo, il principale ostacolo all’adozione dell’AI per il 55% delle imprese italiane è proprio la mancanza di competenze digitali, un fattore che minaccia di rallentare il processo di innovazione in corso. La figura del manager in grado di comprendere e gestire le tecnologie dell’intelligenza artificiale sta emergendo infatti come uno dei profili più ricercati, con un crescente bisogno di competenze strategiche per guidare le imprese in questa trasformazione epocale.

Il boom dell’intelligenza artificiale, d’altronde, non ha soltanto espresso in questi anni il proprio potenziale portando alla ribalta servizi digitali come quelli di gioco, per esempio nell’ambito del poker online dove questa tecnologia riesce a migliorare la proposta degli operatori sia in termini di personalizzazione dell’offerta che di migliore gestione delle strategie utilizzate al tavolo per capire il poker come si gioca e sfidare gli altri utenti, ma ha anche rivoluzionato settori come la customer experience e il supporto decisionale, diventando fondamentale a livello aziendale.

Ecco dunque che tra i ruoli più richiesti, spicca la figura dell’AI Strategy Director, responsabile di sviluppare e implementare strategie basate sull’AI in linea con gli obiettivi aziendali, un profilo diventato sempre più importante per le imprese italiane, che cercano figure capaci di coniugare le competenze tecniche con capacità di leadership e gestione del cambiamento.

Formazione continua: una necessità improrogabile

Un dato allarmante che emerge dal rapporto è però che meno della metà dei dirigenti aziendali ha partecipato a corsi di aggiornamento sull’intelligenza artificiale nell’ultimo anno. Questo evidenzia un problema strutturale: la formazione continua, fondamentale per mantenere le competenze al passo con l’evoluzione tecnologica, non è ancora una priorità per molte imprese.

Il nuovo paradigma formativo suggerito da 4.Manager prevede un cambio di passo. Non si tratta infatti solo di formare nuove figure professionali, ma anche di aggiornare le competenze dei manager già in azienda, che spesso non hanno una comprensione profonda delle nuove tecnologie. Programmi formativi più mirati e di qualità, che combinino competenze tecniche con soft skills come il pensiero critico, il problem solving e la capacità di adattamento, sono essenziali per superare le sfide poste dall’AI.

Il futuro della managerialità nell’era dell’AI

Il futuro del mondo manageriale nell’era dell’intelligenza artificiale appare dunque chiaro: senza una forte leadership e una cultura aziendale orientata all’innovazione, l’adozione di queste tecnologie rischia di essere frammentata e inefficace.

La mancanza di dirigenti qualificati, tra l’altro, non è un problema che può essere risolto dall’oggi al domani, ma richiede una strategia a lungo termine che metta al centro la formazione continua e l’investimento in competenze digitali e strategiche, con un impegno da parte delle aziende a sviluppare talenti capaci di guidare il cambiamento.