La ricerca condotta dal Rosalind Franklin Institute (Oxfordshire, Regno Unito) ha identificato nanoanticorpi derivati da un sottoinsieme di immunoglobuline camelidi che potrebbero attaccare efficacemente il virus SARS-CoV-2, responsabile del Covid-19.
Secondo i risultati dello studio, i ricercatori hanno iniettato una porzione della proteina di superficie ‘Spike’ (spike) del coronavirus in un lama chiamata Fifi, utilizzata nella produzione di anticorpi dall’Università di Reading (Berkshire, Regno Unito).
Sebbene l’animale non abbia sviluppato la malattia, la proteina ha attivato il suo sistema immunitario e ha generato nanoanticorpi contro di essa. Successivamente, gli scienziati hanno prelevato un campione di sangue da Fifi e sono riusciti a isolare quattro nanoanticorpi in grado di legarsi alla proteina spike. Questi neutralizzano e bloccano la loro azione impedendo l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule del corpo, spiega in un articolo il Rosalind Franklin Institute.
Gli esperti assicurano che con i nanoanticorpi sono riusciti a neutralizzare sia le varianti originarie del virus, come la variante Alpha B.1.1.7 (identificata per la prima volta nel Regno Unito) sia il ceppo Beta B.1.351, identificato in Sud Africa. Dopo essere stati somministrati a criceti infetti, hanno mostrato una marcata riduzione della malattia e avevano anche una carica virale inferiore nei polmoni e nelle vie aeree dopo sette giorni, rispetto a quelli non trattati.
Verso un nuovo tipo di trattamento contro il COVID-19
Questi risultati sono il primo passo verso lo sviluppo di un nuovo tipo di trattamento contro il COVID-19, che potrebbe rivelarsi fondamentale mentre la pandemia continua. James Naismith che ha contribuito alla conduzione dello studio:
“Avere farmaci in grado di curare il virus continuerà ad essere molto importante, soprattutto perché non tutti vengono vaccinati alla
stessa velocità e c’è ancora il rischio che emergano nuove varianti in grado di aggirare l’immunità del vaccino”.
Raymond Owens, autore principale della ricerca, assicura che l’implementazione di questi nanoanticorpi per il trattamento della malattia risulta essere molto vantaggiosa sotto diversi aspetti.
“Sono più economici da produrre e possono essere somministrati direttamente alle vie aeree attraverso un nebulizzatore o uno spray nasale“.
Ciò renderebbe più facile per i pazienti combattere l’infezione consentendo loro di “autosomministrarsi” una dose a casa, senza dover fare affidamento su un’iniezione e non richiede celle frigorifere. Ha aggiunto inoltre che portano il trattamento “direttamente al sito dell’infezione nel tratto respiratorio”.
Intanto l’agenzia sanitaria inglese (Public Health England), che faceva parte del gruppo di ricerca, sottolinea il “significativo potenziale” dei risultati, non solo per la cura, ma per la prevenzione del covid-19. Inoltre, i nanoanticorpi sono tra gli agenti neutralizzanti SARS-CoV-2 “più efficaci” da loro testati.
Attualmente, le persone coinvolte nello studio, che include scienziati dell’Università di Liverpool e dell’Università di Oxford, sperano di ottenere finanziamenti per la ricerca necessaria per consentire studi clinici sull’uomo.
Lo studio è stato pubblicato mercoledì sulla rivista Nature.