Trump rilancia i dazi: gli iPhone rischiano di diventare un lusso per gli americani
L’aumento dei dazi contro Cina, India e Vietnam minaccia il prezzo degli iPhone. Apple studia alternative, ma i consumatori USA rischiano rincari senza precedenti.
WASHINGTON – La nuova ondata di dazi commerciali promossa dall’amministrazione di Donald Trump potrebbe avere un effetto a catena sull’industria tecnologica americana, a cominciare dal suo fiore all’occhiello: l’iPhone. L’obiettivo dichiarato del presidente è chiaro: riportare la produzione sul suolo statunitense e rilanciare l’occupazione interna. Ma questa strategia rischia di rendere l’iPhone un prodotto fuori portata per milioni di americani.
Attualmente, la quasi totalità della produzione Apple avviene in Asia, principalmente in Cina, dove i costi di manodopera e infrastruttura sono significativamente inferiori. L’introduzione di dazi fino al 125% su prodotti provenienti dalla Cina e da altri paesi asiatici come India e Vietnam ha già avuto un impatto: secondo fonti industriali, Apple avrebbe spedito via aerea – e con urgenza – cinque aerei cargo carichi di iPhone verso gli Stati Uniti per evitare i rincari immediati.
Quanto costerebbe un iPhone “Made in USA”?
Le stime degli analisti sono allarmanti. Dan Ives, analista di Wedbush Securities, prevede che un iPhone completamente prodotto negli Stati Uniti potrebbe raggiungere un prezzo finale di 3.500 dollari, oltre tre volte l’attuale prezzo di vendita. Il motivo? L’elevato costo della manodopera americana, unito alla mancanza di una filiera industriale pronta per supportare la produzione su larga scala.
Un rapporto riservato di Bank of America, ottenuto da Bloomberg, suggerisce che anche il solo trasferimento dell’assemblaggio farebbe aumentare i costi del 25%. E poiché molte componenti continueranno a essere prodotte all’estero, i dazi reciproci sulle importazioni potrebbero far crescere il prezzo finale del 90% o più.
Apple valuta nuovi scenari produttivi
Gli esperti concordano: la produzione su scala negli USA non è una soluzione sostenibile nel breve periodo, a meno che non vengano concesse esenzioni doganali sulle componenti importate. Una possibilità che, secondo Bank of America, appare poco realistica.
Apple, dunque, starebbe valutando la diversificazione della propria supply chain, puntando ad aumentare l’assemblaggio in paesi come India, Vietnam e Indonesia. Si tratta di mercati emergenti dove l’azienda ha già una presenza significativa e che potrebbero offrire maggiore flessibilità rispetto alla Cina.
Nel frattempo, per i consumatori americani le prospettive non sono rosee. Anche senza lo spostamento della produzione, i soli dazi faranno lievitare i prezzi. Un’analisi di UBS stima che l’iPhone 16 Pro Max, attualmente in vendita a 1.199 dollari, potrebbe arrivare a costare 1.874 dollari, mentre l’iPhone 16 Pro passerebbe da 999 a 1.119 dollari.
La politica del “Made in USA” potrebbe dunque avere un prezzo molto salato, proprio per i cittadini che dovrebbe proteggere.