La sonda InSight della NASA, che si trova sulla superficie di Marte ed è dotata di un sismometro, non solo registra i movimenti tellurici, ma può anche reagire alle eclissi solari sul pianeta rosso. Phobos, la più grande delle due lune di Marte, è molto più vicina al suo pianeta della Luna terrestre e ruota attorno ad essa tre volte ogni giorno marziano. Pertanto, le eclissi solari sono molto più frequenti che sul nostro pianeta.
“Tuttavia, le eclissi su Marte sono più brevi, durano solo 30 secondi e non sono mai eclissi totali“, afferma Simon Stähler, sismologo dell’Istituto di geofisica della Scuola politecnica federale (ETH) di Zurigo, Svizzera. I suoi ricercatori hanno studiato i dati della sonda per vedere se alcuni degli effetti delle eclissi sulla Terra si verificano anche su Marte.
“Quando la Terra subisce un’eclissi solare, gli strumenti possono rilevare una diminuzione della temperatura e rapide raffiche di vento, poiché l’atmosfera si raffredda in un luogo particolare e l’aria si sta rapidamente allontanando da lì”, ha spiegato il sismologo.
Sebbene la sonda sia dotata di sensori di temperatura e vento, gli strumenti meteorologici non hanno registrato cambiamenti nell’atmosfera durante i transiti di Phobos, e i venti non sono cambiati come previsto.
“La spiegazione più ovvia sarebbe la gravità di Phobos, simile a ciò che la Luna produce per determinare le maree, ma la scartiamo rapidamente”, ha detto Stähler, spiegando che in quel caso il segnale del sismometro sarebbe presente per un periodo di tempo più lungo e con ogni transito di Phobos, non solo durante le eclissi.
Quindi gli scienziati hanno concluso che la causa più probabile della strana interpretazione sarebbe un leggero calo della temperatura della superficie marziana durante il transito più lungo di Phobos, rilevato da un radiometro a infrarossi sulla sonda.
“Durante un’eclissi, il terreno si raffredda. Si deforma in modo non uniforme, il che inclina lo strumento”, afferma il sismologo Martin van Driel. La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Geophysical Research Letters, potrebbe essere utilizzata per studiare meglio Phobos, che entro 30-50 milioni di anni colpirà la superficie di Marte, con conseguenze anche per l’interno del pianeta rosso stesso.