Scuole senza investimenti, sempre più insicure, abbandoni restano alti

Scuole senza investimenti, sempre più insicure, abbandoni restano alti.

La spending review ha colpito pesantemente anche tutto il sistema dell’istruzione, contribuendo ad alimentare dispersione, fallimento scolastico e nuove povertà di futuro tra i più giovani. Secondo i dati OCSE, l’Italia spende per l’istruzione e l’università circa il 3,6% del Pil, quasi un punto e mezzo in meno rispetto alla media dei paesi OCSE, pari al 5%.

In questo caso il tempo perso non si deve alla “semplice inazione” della classe politica, ma va ricercata in un’azione precisa, consapevole e devastante: la cosiddetta “cura dimagrante” dispensata dalla riforma del 2008, che ha scippato alla scuola e all’università ben 8 miliardi di euro in 3 anni, con tagli lineari e solo minimamente compensati con interventi successivi.

La spesa per l’istruzione è crollata

La spesa per l’istruzione è crollata dal 4,6% del PIL del 2009 al 4,1% del 2011 fino al minimo storico del 3,6% del 2016 (ultimo dato OCSE disponibile). Nello stesso periodo molti paesi europei rispondevano alla crisi in maniera diametralmente opposta, portando gli investimenti nel settore istruzione e ricerca al 5,3% di Pil, per poi scendere al 5% negli anni a seguire.

Il tempo perso sul fronte delle politiche scolastiche si traduce specularmente ogni anno in centinaia di migliaia di bambini persi alla scuola (i cosiddetti Early school leavers), su cui l’Italia – pur avendo fatto significativi passi in avanti – resta indietro, attestandosi attualmente a un 14,5%. Una percentuale indubbiamente migliorata negli ultimi dieci anni (-5,1% dal 2008), che però dal 2017 ha visto di nuovo un leggero aumento dopo un lungo trend positivo. E soprattutto un dato che nasconde forti diseguaglianze a livello territoriale, con regioni che hanno già centrato l’obiettivo europeo (Trento, Umbria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia) e regioni dove il tasso di dispersione supera il tetto del 20% (Calabria, Sicilia e Sardegna).

La mancanza di investimenti sulla scuola

La mancanza di investimenti sulla scuola si evidenzia anche sulla condizione delle strutture scolastiche: nell’Italia dei terremoti e del dissesto idrogeologico, le scuole sicure sembrano essere un miraggio e nella gran parte sono totalmente impreparate a possibili emergenze.

Su un totale di 40151 edifici censiti dall’anagrafe dell’edilizia scolastica, ben 7000 sono classificati come “vetusti”, circa 22000 sono stati costruiti prima degli anni Settanta e delle norme che hanno introdotto l’obbligo di collaudo statico (sono 15550 quelle che ne sono prive) e un numero ancora maggiore prima del 1974, anno di entrata in vigore delle norme antisismiche.

Sono 21.662 gli istituiti che non hanno un certificato di agibilità e 24000 quelli senza certificato di prevenzione per gli incendi. Nelle aree ad alta e medio-alta pericolosità sismica, sono ben 13714 gli edifici scolastici che non sono stati progettati per resistere a un terremoto ed è antisismica appena una scuola su cinque.

“E’ indispensabile e urgente rendere ogni scuola un luogo sicuro per i bambini e le bambine che la frequentano quotidianamente. C’è bisogno di una legge nazionale che superi l’attuale frammentazione normativa e garantisca a studenti, personale docente e non docente, spazi scuri e protetti dove apprendere o lavorare senza rischiare la vita”, spiega Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

“Allo stesso tempo, chiediamo che gli spazi pubblici abbandonati e in stato di degrado siano riqualificati e destinati ai bambini e agli adolescenti, a partire dalle periferie urbane, perché non solo la scuola ma tutto l’ambiente in cui si vive ha un ruolo fondamentale nella crescita educativa dei più piccoli”.