Per la prima volta nella storia dell’esplorazione spaziale, la NASA ha trasformato i dati luminosi provenienti da buchi neri in vere e proprie composizioni sonore, aprendo una nuova frontiera nella comprensione dell’universo. Grazie all’impiego di telescopi spaziali di ultima generazione, l’agenzia ha rilasciato tre nuove “tracce audio cosmiche”, offrendo un’inedita prospettiva sensoriale su alcuni degli oggetti più densi e misteriosi dell’universo.
La sonificazione è un processo che permette di convertire dati astronomici in suoni. In questo caso, la luce e le onde elettromagnetiche catturate da strumenti come il Chandra X-ray Observatory, il James Webb Space Telescope e l’IXPE (Imaging X-ray Polarimetry Explorer), sono state trasformate in audio percepibile all’orecchio umano.
Questi progetti, frutto della collaborazione tra il Centro Marshall della NASA, il Chandra X-ray Center e il programma educativo NASA’s Universe of Learning, sono stati realizzati con il supporto di esperti come la scienziata Kimberly Arcand, l’astrofisico Matt Russo e il musicista Andrew Santaguida del collettivo SYSTEM Sounds.
Il primo dei tre movimenti sonori è dedicato alla stella Wolf-Rayet WR 124, a circa 28.000 anni luce dalla Terra. Questa stella massiccia, in fase di espulsione delle sue ultime atmosfere prima dell’esplosione finale in supernova, potrebbe presto dare origine a un buco nero.
I suoni cosmici associati a WR 124 ricordano una composizione barocca, dove flauti e campane rappresentano i dati raccolti dal James Webb Space Telescope. Al centro della scena sonora si trova il nucleo caldo della stella, da cui si irradiano onde via via più flebili man mano che si allontanano.
Verso la fine, entrano in scena anche i dati del telescopio Herschel dell’ESA, oltre ai ritirati Spitzer e WISE della NASA. Le loro emissioni infrarosse si trasformano in accordi di chitarra cosmica, chiudendo questo movimento con una nota di armonia galattica.
Il secondo brano riguarda il sistema binario SS 433, situato a circa 18.000 anni luce. Qui, una stella simile al Sole orbita attorno a una compagna molto più densa, probabilmente un buco nero.
Le onde gravitazionali prodotte da questo sistema generano rayos X, onde radio e infrarossi, che sono stati registrati dai telescopi Chandra, IXPE e XMM-Newton (quest’ultimo dell’Agenzia Spaziale Europea).
Il suono inizia con tonalità alte (raggi X), per poi scendere verso le medie e basse frequenze delle onde radio e infrarosse. Il risultato è un’orchestra celeste, dove la nebulosa radio assume una forma mitologica fluttuante nello spazio, e la danza orbitale dei due corpi celesti risuona come gocce d’acqua su uno sfondo stellato.
L’ultimo movimento della sinfonia si concentra sulla galassia Centaurus A (Cen A), distante circa 12 milioni di anni luce. Al centro di questa galassia si trova un gigantesco buco nero supermassiccio, che emette un poderoso getto di energia visibile in varie lunghezze d’onda.
Il Chandra X-ray Observatory rileva i raggi X come campane di cattedrale, mentre l’IXPE riproduce un flusso continuo di frequenze che ricorda il suono del vento cosmico. I dati visivi del telescopio MPG dell’Osservatorio Europeo Australe sono stati convertiti in suoni di strumenti a corda, evocando le note struggenti de “L’inverno” di Vivaldi.
Questo gran finale mescola immagini, scienza e arte in una perfetta armonia celeste, dimostrando come l’astronomia possa essere vissuta anche in forma acustica.
Nonostante nello spazio non esista un mezzo come l’aria per trasmettere il suono, la NASA è riuscita a sonificare l’universo trasformando immagini in dati audio grazie a software avanzati e a una collaborazione interdisciplinare tra scienza e musica.
Ascoltando queste composizioni — disponibili sui canali ufficiali della NASA — possiamo immaginare di viaggiare tra stelle, galassie e buchi neri, spinti da una colonna sonora unica nel suo genere: quella dell’universo stesso.
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