Esteri

Kamala Harris, la prima donna eletta come vicepresidente USA

“Mia madre spesso mi diceva: Kamala, potresti essere la prima a ottenere molto. Assicurati di non essere l’ultima“.

Queste sono le parole che sono rimaste impresse nella memoria di Kamala Harris, la prima donna eletta come vicepresidente del Democratico statunitense Joe Biden negli Stati Uniti, e che usa come mantra per la sua vita politica.

Harris è una donna pioniera e punto di riferimento in America.

Nella sua vita di dipendente pubblico ci sono due incarichi nella sua carriera che sono trascendentali per la sua figura di politico. Nel 2011, ad esempio, è diventata la prima donna, e la prima afroamericana, a guidare l’ufficio del procuratore generale della California. Poi, nel 2016, è stata eletta seconda donna africana a ricoprire un seggio al Senato. Adesso la 55enne Harris è la prima afroamericana (e di discendenza asiatica) a ricoprire la seconda carica più alta del Paese: la vicepresidenza.

I risultati di Harris, cresciuto a Oakland, nella California progressista negli anni ’60, non sono imprese da poco in un paese come gli Stati Uniti, che attualmente sta vivendo una profonda crisi sociale a causa della violenza sistematica contro le minoranze.

In effetti, quella ferita è ancora fresca nel cuore della società americana, a seguito dell’ondata di proteste seguita alla morte dell’afroamericano George Floyd per mano di un poliziotto bianco a Minneapolis lo scorso maggio.

Per questo motivo, essere il vicepresidente di Biden, 77 anni, assume un profondo significato simbolico e politico. Il nome di Harris avvicina i democratici al voto dei giovani e attira la comunità afroamericana, che chiede a gran voce il cambiamento nel paese.

I democratici sono dalla parte giusta della storia.

Biden sarà ricordato per sempre come il presidente che ha avuto come vice presidente la prima donna afroamericana. Questo incoraggerà molti giovani elettori ad aderire al Partito Democratico perché li farà sembrare un partito più inclusivo del Partito Repubblicano.

Harris non è passata inosservata in un paese che cerca di lasciarsi alle spalle la sua eredità di profilazione razziale. La nomina di Harris, figlia di un economista giamaicano e di una ricercatrice indiana sul cancro, è stata fin dall’inizio un simbolo degli immigrati, delle minoranze e della classe media. In effetti, è la prima volta in quasi 40 anni che qualcuno delle grandi università d’élite del paese non viene selezionato. Ha studiato alla Howard University, fondata a Washington per ospitare studenti afroamericani.

Continua a leggere l’articolo originale in spagnolo di Carlos J Reyes, della redazione internazionale de “El Tiempo”.

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