Il vulcano Etna, situato nell’isola italiana di Sicilia, si è svegliato domenica scorsa notte ed è esploso, espellendo fonti di lava ardente e detriti alte centinaia di metri accanto a una spessa colonna di fumo che si è alzata fino a 5 chilometri sopra il Mediterraneo.
L’attività vulcanica è iniziata dopo un terremoto di magnitudo 2,7 e altre 16 scosse hanno colpito la regione nelle ultime 24 ore.
Sono in corso le indagini sul terreno da parte di personale dell’Osservatorio Etneo dell’INGV Terremoti per caratterizzare i fenomeni che hanno interessato il teatro eruttivo e per campionare i prodotti eruttati che saranno analizzati in laboratorio.
Flussi piroclastici simili a quelli verificatisi, denominati anche valanghe ardenti o piroclastiche, sono avvenuti negli anni passati anche in altri settori del Cratere di Sud-Est, ad esempio in concomitanza con l’inizio dell’attività eruttiva parossistica del 16 novembre 2006, durante diversi episodi di fontana di lava nel 2011-2013, l’11 febbraio 2014 e nel marzo del 2017.
L’evolversi dei fenomeni continua a essere costantemente monitorato dalle reti di monitoraggio dell’Osservatorio Etneo e della Sezione di Palermo.
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