Il Tribunale del Commercio Internazionale degli Stati Uniti, con sede a New York, ha emesso una sentenza storica che dichiara illegittimi i dazi imposti dal presidente Donald Trump durante il cosiddetto “Giorno della Liberazione“.
La decisione rappresenta un punto di svolta nella controversa politica commerciale attuata durante l’amministrazione Trump e mette in discussione la legittimità dell’uso dei poteri presidenziali in ambito economico.
Secondo la corte, l’allora presidente si sarebbe spinto oltre i limiti della sua autorità legale nel tentativo di introdurre barriere doganali contro i paesi che vantano un surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti. La sentenza ha avuto come effetto immediato il blocco dei dazi, stabilendo che simili misure richiedono l’approvazione del Congresso.
Nonostante Trump avesse giustificato la sua azione dichiarando uno stato di emergenza nazionale, sostenendo la necessità di proteggere l’economia e la sicurezza interna, il tribunale ha stabilito che tale giustificazione non era sufficiente a bypassare l’autorità legislativa.
Nel mese di aprile, dodici stati degli USA hanno presentato un ricorso contro il governo federale presso il Tribunale del Commercio Internazionale, denunciando la politica dei dazi come illegale e arbitraria. I procuratori generali dei seguenti stati hanno sottoscritto l’azione legale: Oregon, Arizona, Colorado, Connecticut, Delaware, Illinois, Maine, Minnesota, Nevada, Nuovo Messico, New York e Vermont.
Secondo i promotori del ricorso, le tariffe aggiuntive sui partner commerciali avrebbero causato un significativo caos economico, minando la stabilità dei mercati e compromettendo le relazioni internazionali degli Stati Uniti.
“Il folle piano tariffario del presidente Trump non è solo economicamente insostenibile, ma anche contrario alla legge”, ha affermato in una dichiarazione ufficiale Kris Mayes, procuratrice generale dell’Arizona, che ha guidato la causa insieme agli altri stati.
Il 2 aprile, l’amministrazione Trump aveva annunciato dazi massicci sulle importazioni, imponendo una tassa del 20% sull’Unione Europea e un’imposta base del 10% sul resto del mondo. Queste misure, presentate come strumenti per riequilibrare il deficit commerciale, hanno suscitato forti reazioni internazionali e hanno contribuito al crollo dei mercati finanziari globali.
In risposta alla crisi, Trump ha sospeso temporaneamente i dazi più elevati per 90 giorni, con l’intento di agevolare nuove negoziazioni commerciali. Durante questo periodo di sospensione, è stato applicato un dazio ridotto del 10% a oltre 75 paesi, molti dei quali avevano avviato consultazioni con i rappresentanti statunitensi senza adottare misure ritorsive.
Questa decisione giudiziaria rappresenta una sfida significativa al potere esecutivo nell’ambito della politica commerciale degli Stati Uniti. Riafferma l’importanza del Congresso nel processo decisionale relativo all’imposizione di dazi e limita la possibilità di agire in modo unilaterale in nome della sicurezza economica nazionale.
La sentenza del Tribunale del Commercio Internazionale potrebbe avere impatti duraturi sulla futura gestione delle relazioni economiche internazionali da parte degli Stati Uniti. Con l’avvicinarsi delle prossime elezioni e la possibilità di un ritorno di Trump alla guida del Paese, la questione della legalità dei dazi potrebbe tornare a essere un tema centrale nel dibattito politico e nella definizione delle strategie di commercio estero degli USA.
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