Sono passati 25 anni dal disastro della nave Moby Prince che il 10 aprile del 1991 provocò 140 morti nel porto di Livorno. Sergio Lai (Pd), Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Moby Prince intervistato da Raffaella Calandra a Storiacce su Radio 24, ha così commentato:
“Se venisse comprovato, diciamo, che i soccorsi hanno determinato la morte delle persone, cambierebbe totalmente il quadro probatorio e cambierebbe anche l’effetto giudiziario, in maniera piuttosto evidente, anche superando i limiti del tempo in questo caso. Ovviamente questo va provato e noi siamo impegnati a verificare se le prove che sono ancora disponibili, riviste con le nuove tecnologie, sono in grado di dare questa prova definitiva. Se ci fosse sarebbe davvero molto grave ciò che è avvenuto”.
Il Presidente Lai ha affermato inoltre che “se la Commissione parlamentare d’inchiesta rileverà dei fatti che determinano la nuova lettura della situazione, a quel punto saranno i magistrati a poter raccogliere questi elementi e a considerarli come elementi sui quali verificare se ci sono, diciamo, delle notizie di reato”.
“Il tema della sopravvivenza è l’elemento più angosciante e quello più sensibile sul piano giudiziario perché le diverse perizie hanno dato dati differenti, ha affermato Sergio Lai (Pd), Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Moby Prince, “noi procederemo con ulteriori perizie a partire dai dati che fanno parte degli archivi giudiziari e con la nostra nuova perizia pensiamo di poter mettere la parola fine ai dubbi sulla sopravvivenza.
E intanto il comandante De Falco ha affermato: “Dopo venticinque anni mi chiedo ancora perché Livorno Radio tacque”. Questo e altri dubbi hanno spinto molti giornali a titolare i loro articoli in questo modo: “Moby Prince, 25 anni fa ‘Ustica del mare” (Ansa), “10 Aprile 1991: 25 anni fa il disastro della Moby Prince, l’Ustica del mare” (Corriere della Sera), “Moby Prince, 25 anni fa Ustica del mare” (Quotidiano.net), “Livorno, Moby Prince: 25 anni senza verità sono troppi” (Il Tirreno).