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Andrea Agnelli è stato punito per 10 mesi in relazione al procedimento riguardante la gestione dei salari della Juventus, ma la squalifica è stata ridotta rispetto ai 16 mesi iniziali. La Corte d’Appello della Figc ha accolto parzialmente il ricorso dell’ex presidente della Juventus, confermando la sua responsabilità e la violazione dei principi di lealtà sportiva, ma riconoscendo delle attenuanti per le decisioni prese nel periodo in questione. La Corte ha spiegato le motivazioni di questa scelta.

La prima attenuante riguarda il contesto storico, ovvero il periodo in cui sono avvenuti i fatti contestati: il 2020 e il 2021, durante la pandemia da Covid-19 e i relativi lockdown. A causa della drastica riduzione dei ricavi e dei costi elevati, la Lega Calcio Serie A e tutte le società sportive hanno preso provvedimenti riguardanti i salari dei calciatori.

Questo non giustifica le azioni del club di Andrea Agnelli riguardanti le due manovre stipendi, ma si sottolinea che “non sono state prese decisioni in un contesto ordinario per affrontare esigenze di bilancio prevedibili, ma in una situazione di crisi

sistemica”.

Dal punto di vista finanziario, le due manovre hanno avuto gravi conseguenze, ma non hanno compromesso gli impegni finanziari della società, in quanto le spese sono state sostenute in base agli accordi stipulati con calciatori e allenatore. Le violazioni contabili sono state di breve durata, riducendo i possibili pregiudizi per l’esterno.

Infine, la terza attenuante riguarda l’inserimento degli accordi integrativi nel bilancio, anche se avvenuto dopo il 30 giugno. Questa pratica non è corretta o leale, ma ha permesso a terzi di avere una visione completa della situazione patrimoniale della società al momento dell’approvazione del bilancio.

Sulla base di queste tre attenuanti, la Corte d’Appello FIGC ha ridimensionato la sanzione, che appare più equilibrata rispetto a quanto concordato tra le difese e la Procura federale nei patteggiamenti con altre società e dirigenti.