Spesso non ci rendiamo conto di quanta strada faccia la merce prima di arrivare sugli scaffali dei negozi: il chilometro zero, si sa, è un miraggio che riguarda solo una ristrettissima classe di prodotti. Per tutti gli altri, i lunghissimi viaggi su strada, lungo ferrovie oppure via mare, continueranno per sempre. Quello dei trasporti e della logistica, dunque, è un settore che, nonostante la crisi degli ultimi anni, non può che continuare a prosperare e a migliorare le proprie strutture. Non si parla infatti solamente di camion, di treni merci e di navi portacontainer, ma anche di porti e soprattutto di interporti. Negli ultimi decenni, infatti, c’è stata una progressiva ottimizzazione per quanto riguarda i centri urbani per l’interscambio delle merci: avere a disposizione un interporto efficace significa liberare le grandi città dall’assedio dei mezzi pesanti, consentendo invece lo smistamento e quindi il traffico in aree periferiche appositamente costruite.
Non tutti gli interporti, però, sono uguali. A influenzare l’efficienza di ogni singola struttura concorrono diversi elementi, come il tipo e la quantità dei collegamenti oltre a quello stradale, il numero dei dipendenti, l’ampiezza del parcheggio e la velocità delle manovre di carico e scarico. Un interporto con poche possibilità di attracco e con un numero ridotto di rampe di carico, per esempio, non può certo primeggiare rispetto ad altri centri più organizzati.
L’interporto di Verona, grazie alla sua posizione strategica, rappresenta un punto di incontro ideale per il trasporto di merci stradale, ferroviario ed aereo. Primo interporto in Italia per quantità di traffico combinato, si estende su una superficie di circa 2’500’000 metri quadrati. Ogni anno all’interno della struttura transitano circa 6 milioni di tonnellate di merci su ferrovia, e ben 20 milioni di tonnellate su gomma.
Articolo scritto in collaborazione con Armo 2016.