Fare il prete o la suora, oggigiorno è un lavoro a tutti gli effetti, con stipendio e anche tasse da pagare, ecco le cifre.
Molti oggi si chiedono quanto possano guadagnare davvero preti, suore e vescovi, figure religiose che da affascinano per il loro ruolo spirituale. Tra vitto, alloggio e contributi vari, la realtà economica del clero italiano è sorprendentemente diversa da quello che si potrebbe immaginare.
Non tutti, infatti, vivono di soli privilegi, come si può pensare facilmente, per molti il sostentamento è essenziale e modesto, il lavoro è vera vocazione. Ma resta il dubbio su cosa voglia dire oggigiorno stipendio modesto e a quanto ammonti effettivamente l’assegno mensile dei rappresentanti ecclesiastici italiani.
Lo stipendio di un prete è davvero così alto?
Un prete “semplice” percepisce in media circa 1.000 euro al mese, mentre il parroco, responsabile di una parrocchia intera, arriva a circa 1.200 euro. Le suore e i frati, invece, non ricevono un vero stipendio, il loro sostentamento deriva soprattutto dal vitto e dall’alloggio forniti dai conventi.

In questo caso specifico, frati e suore possono percepire un compenso aggiuntivo solo se svolgono attività esterne, slegate ai doveri della toga. Anche i diaconi permanenti, che non aspirano al sacerdozio, ottengono solo un contributo simbolico dalla diocesi, mentre quelli temporanei spesso lavorano in parallelo per guadagnare.
I vescovi e i cardinali hanno invece cifre più consistenti, fino a 3.000 euro mensili per i primi, mentre circa 5.000 euro per i secondi. I monsignori, coinvolti in commissioni e direttivi, ricevono compensi analoghi a quelli dei parlamentari italiani per alcune funzioni istituzionali, legati al ruolo che svolgono.
Chi paga gli stipendi del clero, pero, non è né lo Stato né il Vaticano, in senso stretto: a gestire i compensi è l’ICSC. Si tratta dell’Istituto Centrale di Sostentamento del Clero, collegato alla CEI, Conferenza Episcopale Italiana, l’organo di controllo che riunisce tutti i vescovi d’Italia.
Per lo stipendio mensile, gli ecclesiastici compilano il modulo P01, che valuta anzianità e attività svolte, determinando il compenso finale di sacerdoti e vescovi. Le pensioni, invece, sono amministrate tramite il Fondo del Clero, gestito dall’INPS, con importi minimi, per i livelli più bassi, poco sotto i 500 euro.
L’8×1000 dell’IRPEF rappresenta la fonte principale di sostentamento della Chiesa cattolica, con circa 350 milioni di euro annui destinati alle necessità dell’ente. A questo si aggiungono entrate da turismo religioso e donazioni spontanee dei fedeli, impiegate in missioni di pace, assistenza sanitaria e aiuti umanitari.
Quanto al Papa, invece, la cifra dello stipendio è simbolica: Benedetto XVI percepiva oltre 2.500 euro al mese, ma altri hanno rinunciato al compenso fisso. Come Papa Francesco, che ha scelto di attingere solo all’Obolo di San Pietro, un fondo alimentato dalle donazioni dei fedeli e destinato a progetti di beneficenza.